Guerra d’Indipendenza Estone

Tra il 1918 e il 1920, l’Estonia si trovò coinvolta in una sanguinosa guerra d’indipendenza, un capitolo cruciale nella sua storia millenaria segnata da dominazioni straniere e oppressioni. Nonostante spesso sottovalutata, questa lotta rappresenta un evento fondamentale per comprendere la nazione estone e la sua tenace volontà di autodeterminazione.

Appena proclamata la propria indipendenza, la fragile Repubblica Estone si trovò ad affrontare nemici su più fronti. Da un lato, l’Armata Rossa sovietica, intenzionata a ristabilire il controllo imperiale sulla regione. Dall’altro, i Freikorps tedeschi, gruppi paramilitari nazionalisti tedeschi contrari all’idea di una nazione estone indipendente.

Nel giugno del 2009 è stata eretta una stele con la Croce della Libertà in Piazza Vabaduse a Tallinn, per commemorare i soldati e le vittime della guerra d’indipendenza estone del 1918-1920. Altri monumenti simili si trovano in tutta l’Estonia, come quello nella contea di Tartumaa.

Guerra di Indipendenza Estone

La Guerra d’Indipendenza Estone, conosciuta anche come “Vabadussõda” (Guerra della Libertà) in estone, fu combattuta tra il 28 novembre 1918 e il 2 febbraio 1920. Si svolse sul territorio dell’Estonia e in alcune zone limitrofe della Russia nord-occidentale.

Lo scontro principale vide contrapporsi le forze nazionaliste estoni, determinate a difendere la loro neonata indipendenza, e l’esercito della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, che intendeva invece ristabilire il controllo imperiale sulla regione.

L’emergere del nazionalismo estone

Dopo un lungo periodo sotto il dominio svedese, l’Estonia passò sotto il controllo dell’Impero russo nel 1721, a seguito della Guerra del Nord. La regione divenne parte dei governatorati di Reval (poi Estonia) e Livonia, che comprendevano anche territori che oggi appartengono alla Lettonia.

Pur godendo di un’autonomia amministrativa limitata, questi governatorati erano dominati dalle famiglie nobiliari e dai proprietari terrieri tedeschi del Baltico.

A partire dalla metà del XIX secolo, con il “Risveglio nazionale estone”, si sviluppò un forte sentimento nazionalista. Inizialmente un movimento culturale volto a valorizzare la cultura estone contro l’egemonia tedesca assunse una connotazione politica in risposta alla campagna di russificazione attuata da Alessandro III negli anni ’80 del XIX secolo. Questo periodo vide un’intensificazione del nazionalismo estone, alimentato anche dall’industrializzazione di fine secolo e dalla Rivoluzione russa del 1905.

Come conseguenza, nacquero nuovi partiti politici, tra cui il Partito del Progresso Nazionale Estone guidato da Jaan Tõnisson.

L’Estonia indipendente

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 pose l’Estonia in una posizione difficile. Da un lato, la vittoria della Germania avrebbe significato il ritorno sotto il dominio tedesco, scenario tutt’altro che auspicabile. Dall’altro, combattere per l’oppressivo regime russo, che continuava le politiche di russificazione osteggiate dalla popolazione, non era certo un motivo di entusiasmo.

Nonostante queste perplessità, circa 100.000 estoni furono comunque arruolati nell’esercito russo, pagando un tributo di sangue altissimo con circa 10.000 morti sul fronte orientale.

Il conflitto, con le sue sconfitte, contribuì ad indebolire il regime zarista, che collassò con la Rivoluzione di Febbraio del 1917. Questo evento diede nuova linfa alle aspirazioni di indipendenza delle minoranze all’interno dell’ex Impero russo, tra cui gli estoni.

Il 19 marzo 1917, Jaan Poska assunse il ruolo di commissario provinciale con poteri amministrativi sull’Estonia. Poco dopo, il 9 aprile, una grande manifestazione a Pietrogrado vide la partecipazione di 40.000 estoni, tra cui 12.000 soldati, che rivendicavano l’autonomia per il loro Paese.

Il 12 aprile, il governo provvisorio russo istituì il Governatorato autonomo dell’Estonia, formato da territori dell’ex Governatorato dell’Estonia e della Livonia con maggioranza estone. Venne creata un’assemblea provinciale, chiamata Maapäev, che iniziò i suoi lavori il 1° luglio dopo le prime elezioni libere tenutesi nel Paese a maggio.

Parallelamente, a partire da aprile, si formarono unità militari estoni sotto il comando del colonnello Aleksander Tõnisson. Il primo reggimento estone entrò in azione nell’estate del 1917, partecipando all’operazione Albion, l’invasione tedesca delle isole estoni tra cui: Isola di Saaremaa, l’Isola Hiiumaa e Muhu.

Nel novembre del 1917, la Rivoluzione d’Ottobre portò i bolscevici, guidati da Lenin e Trockij, al potere a Pietrogrado. L’eco della rivoluzione arrivò anche in Estonia, dove i bolscevichi estoni rovesciarono il governo locale a Tallinn e stabilirono un comitato rivoluzionario. L’assemblea estone, il Maapäev, cercò di resistere ma fu costretta a operare in clandestinità.

Tuttavia, il sostegno popolare ai bolscevichi estoni non era forte e le elezioni previste per il 1918 furono cancellate. Nel frattempo, la situazione internazionale era in costante evoluzione. I bolscevichi russi, in cerca di una pace senza annessioni, si trovarono in una posizione di debolezza. I tedeschi, approfittando del caos, lanciarono un’offensiva decisiva il 18 febbraio 1918, invadendo rapidamente l’Estonia.

Di fronte all’invasione tedesca e alla debolezza dei bolscevichi locali, il 24 febbraio 1918 il Maapäev colse l’occasione per proclamare  l’Indipendenza dell’Estonia e formare un governo provvisorio. Il giorno successivo, le truppe tedesche entrarono a Tallinn, segnando la fine del breve periodo di dominio bolscevico in Estonia.

Il 3 marzo 1918, il Trattato di Brest-Litovsk segnò un duro colpo per le aspirazioni di indipendenza dell’Estonia. La Germania, vincitrice sul fronte orientale, ottenne il controllo dei Paesi Baltici, insieme alla Bielorussia e all’Ucraina.

Inizialmente, l’occupazione tedesca fu accolta con un certo favore dalla popolazione estone, stanca del caos e della violenza del periodo precedente. Le truppe estoni passarono sotto il comando tedesco, ma le speranze di una vera indipendenza vennero presto deluse. La Germania, infatti, non era interessata a un’Estonia sovrana, preferendo un governo marionetta controllato dai baltico-tedeschi. Il governo provvisorio estone fu costretto a operare in clandestinità, le sue truppe disarmate e, il 5 novembre 1918, venne addirittura proclamato un effimero Ducato Baltico Unito su Estonia e Lettonia.

Tuttavia, il dominio tedesco sull’Estonia era destinato a durare ben poco. L’11 novembre 1918, la Germania capitolò di fronte agli Alleati, lasciando un vuoto di potere nei territori occupati dal Trattato di Brest-Litovsk. Il governo provvisorio estone, cogliendo l’occasione, riemerse dall’ombra e il 18 novembre siglò un accordo con le forze di occupazione tedesche per un pacifico passaggio di poteri.

La gioia per la ritrovata libertà fu però di breve durata. Pochi giorni dopo, l’Estonia si trovò ad affrontare una nuova minaccia: la Russia sovietica, intenzionata a recuperare i territori persi con il Trattato di Brest-Litovsk e a diffondere la rivoluzione in Europa, iniziò i preparativi per un’offensiva verso ovest.

La guerra d’indipendenza estone

L’invasione russa e il contrattacco estone

Il 13 novembre 1918, con la firma di un decreto, il governo bolscevico annullò il Trattato di Brest-Litovsk, aprendo la strada a nuove mire espansionistiche. Il 22 novembre, a Narva, al confine con l’Estonia, le prime truppe russe si scontrarono con i tedeschi, ritirandosi però dopo un breve combattimento. Il 25 novembre, con il ritiro tedesco da Pskov, l’Armata Rossa bolscevica iniziò la sua avanzata verso sud, conquistando le città estoni di Võru, Valga e Tartu.

Il 28 novembre 1918, con una nuova offensiva russa su Narva, presidiata da reparti della milizia locale Kaitseliit, ebbe ufficialmente inizio la Guerra d’Indipendenza Estone. Pur combattendo con eroismo, gli estoni, in netta inferiorità numerica e di armamenti, furono sopraffatti rapidamente. Il giorno successivo, i russi stabilirono un governo fantoccio a Narva, sottolineando le loro intenzioni di annettere l’Estonia.

Nonostante la situazione critica, il governo provvisorio estone, guidato dal generale Johan Laidoner nominato il 23 dicembre, non si arrese. Con un esercito appena formato e scarsamente equipaggiato, gli estoni intensificarono la loro resistenza contro i russi. L’avanzata nemica continuò, con la conquista di Rakvere il 16 dicembre, Valga il 18 dicembre e Tartu il 24 dicembre. Nonostante le difficoltà, il morale e la determinazione degli estoni non vacillavano.

Entro la fine del mese di dicembre, la situazione era diventata drammatica: più della metà dell’Estonia era sotto occupazione russa e il fronte di guerra si era avvicinato pericolosamente a Tallinn, con la presa di Tapa il 24 dicembre. A gennaio 1919, la capitale estone era seriamente minacciata, con le truppe sovietiche a soli 30 chilometri di distanza.

Mentre la Guerra d’Indipendenza Estone volgeva al peggio, un evento cruciale cambiò le sorti del conflitto: l’intervento delle potenze occidentali nella guerra civile russa contro il bolscevismo.

All’inizio di dicembre, la marina britannica fece il suo ingresso nel Mar Baltico, stabilendo basi a Tallinn e Liepāja per supportare i movimenti nazionalisti locali. Sotto il comando dell’ammiraglio Edwyn Alexander-Sinclair, le navi britanniche svolsero un ruolo fondamentale:

  • Protettero la consegna di 5.000 fucili alle forze estoni.
  • Bombardarono le posizioni bolsceviche a Narva il 19 dicembre, distruggendo il ponte strategico sul fiume omonimo.
  • Catturarono due cacciatorpediniere russi che si apprestavano ad attaccare Tallinn il 26 dicembre. I due cacciatorpediniere andarono poi ad ingrossare le file della neonata Marina estone, sotto il comando del contrammiraglio Johan Pitka.

Anche la Scandinavia fornì un aiuto prezioso:

  • La Finlandia inviò armi, equipaggiamenti e un primo contingente di 500 volontari a Tallinn, che crebbero fino a formare un’unità di 3.500 soldati sotto il comando del colonnello Hans Kalm.
  • Dalla Svezia giunsero 300 volontari al comando del maggiore Carl Axel Mothander, seguiti da altri 200 danesi guidati dal capitano Richard Gustav Borgelin in aprile.

A differenza di quanto avvenne in Lettonia, i baltico-tedeschi in Estonia rimasero fedeli al governo di Tallinn e contribuirono attivamente alla guerra d’indipendenza. A gennaio, un battaglione di volontari baltico-tedeschi si unì alle forze estoni sotto il comando del colonnello Konstantin von Weiss. All’interno dell’esercito estone operava anche un contingente di volontari russi anti-bolscevichi, guidato dal capitano Artur Sauesel.

Grazie al sostegno militare e ai rifornimenti provenienti dall’estero, l’esercito estone si trasformò, all’inizio del 1919, in una forza di tutto rispetto, composta da circa 15.000 uomini ben equipaggiati, supportati da unità navali e treni corazzati. Il 6 gennaio 1919, ebbe inizio la controffensiva estone su tutto il fronte:

Al nord: la 1ª Divisione, guidata dal generale Aleksander Tõnisson, liberò Tapa il 9 gennaio, allontanando la minaccia russa da Tallinn e riconquistando Rakvere il 12 gennaio. Con il supporto degli incrociatori britannici nel Golfo di Finlandia, le forze navali estoni condussero audaci sbarchi anfibi alle spalle delle linee nemiche, culminando nella liberazione di Narva il 19 gennaio dopo una rapida campagna.

Al sud: la 2ª Divisione, sotto il comando del colonnello Viktor Puskar, espugnò Tartu il 14 gennaio, seguita da Valga e Võru il 1° febbraio. La vittoria decisiva nella battaglia di Paju contro le forze bolsceviche al confine con la Lettonia il 31 gennaio agevolò la liberazione di queste città.

L’impegno estone non si limitò alla difesa del proprio territorio nazionale: il paese intervenne attivamente anche nella guerra d’indipendenza lettone, collaborando con le forze nazionaliste locali. La 3ª Divisione, guidata dal generale Ernst Põdder, occupò la regione tra Valka e Rūjiena all’inizio di febbraio con l’aiuto degli alleati.

Il 4 febbraio 1919, con la riconquista della contea di Petseri, l’Estonia si liberò completamente dall’occupazione russa.

Il 1919 fu un anno cruciale per la neonata Repubblica di Estonia, caratterizzato da continui tentativi da parte dei bolscevichi estoni di rovesciare il governo nazionalista. A dicembre, una sommossa a Tallinn fu rapidamente repressa, mentre un’insurrezione più ampia sull’isola di Saaremaa venne domata in pochi giorni dalle milizie paramilitari estoni (Kaitseliit).

Sul fronte principale, entrambi gli schieramenti consolidarono le proprie forze in vista di una nuova offensiva: a febbraio 1919, l’esercito estone contava 75.000 uomini, mentre l’Armata Rossa ne schierava 80.000. A marzo, i russi lanciarono un’offensiva nel sud-est, venendo però fermati nei pressi di Võru. Una controffensiva estone permise la riconquista della contea di Petseri il 29 marzo. A Narva, la guerra si trasformò in una estenuante battaglia di posizione, con la città bombardata ma tenacemente difesa dagli estoni.

Oltre a difendere i propri confini, l’esercito estone intraprese operazioni militari in Lettonia, liberando gran parte del nord del paese entro giugno. Collaborando con i lettoni, gli estoni sconfissero le milizie baltico-tedesche, costringendole a firmare un armistizio a luglio.

Sul fronte orientale, gli estoni si allearono con le Armate Bianche anti-bolsceviche russe, pianificando un’offensiva congiunta verso Pietrogrado con il supporto britannico. I bianchi riuscirono a conquistare diverse città, ma vennero poi separati dall’esercito estone nel giugno 1919.

Verso la pace: negoziati e offensive del 1919

Già alla fine del 1918, con i primi colloqui per una pace separata, si intravedeva la possibilità di porre fine alla guerra d’indipendenza estone. La dissoluzione ufficiale della “Comunità dei lavoratori estoni” da parte dei bolscevichi, avvenuta il 5 giugno 1919, aprì la strada a negoziati più formali.

Tuttavia, i colloqui iniziati a Pskov nel settembre 1919 non ebbero successo. Il 28 settembre, l’Armata nord-occidentale lanciò un’offensiva verso Pietrogrado, con il supporto delle forze estoni che combattevano al fianco dei bianchi. L’avanzata fu però respinta dai bolscevichi entro ottobre.

Nonostante la battuta d’arresto, la ricerca di una soluzione diplomatica non si fermò. A dicembre 1919 ripresero i negoziati di pace e, dopo una nuova offensiva russa respinta dagli estoni, il 31 dicembre fu firmato un armistizio preliminare.

Il 2 febbraio 1920, a Tartu, venne finalmente stipulato il Trattato di Tartu che pose fine alla guerra d’indipendenza estone e sancì il riconoscimento internazionale della sua indipendenza.

Conseguenza della Guerra di indipendenza estone

Dopo la vittoriosa guerra d’indipendenza, l’Estonia si impegnò nella costruzione di un nuovo stato. Nel giugno 1920, venne promulgata una Costituzione che stabiliva un sistema parlamentare forte. Il riconoscimento internazionale arrivò gradualmente: de facto già nel 1918, divenne completo tra il 1921 e il 1922, con l’adesione alla Società delle Nazioni. L’economia, inizialmente provata dal conflitto, si riprese con vigore.

Tuttavia, il periodo tra le due guerre non fu privo di turbolenze. Il movimento comunista, seppur minoritario, creò instabilità, culminando in un tentativo di colpo di stato nel dicembre 1924, prontamente represso dal governo. Riforme agrarie mirate a una più equa distribuzione delle terre contribuirono a ridurre il sostegno al comunismo.

La scena politica rimase frammentata, con una moltitudine di partiti che spesso portavano a crisi di governo. La grave depressione degli anni ’30 aggravò ulteriormente la situazione. Nel 1934, un colpo di stato sanguinoso portò al potere Konstantin Päts, instaurando un regime autoritario. Päts sciolse i partiti politici e neutralizzò il movimento paramilitare Vaps, governando con poteri dittatoriali fino all’occupazione sovietica del 1940.

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